di Valentina Anzani

Ormai prolungamento naturale delle nostre braccia, gli smartphone sono diventati fondamentali per molti aspetti della quotidianità. Inevitabilmente, lo scambio comunicativo è mutato da messaggi e telefonate a frammenti audio a cui rispondere a rate, e così anche la fruizione della musica (di ogni genere): non solo per i servizi di streaming, ma anche e soprattutto per i social network. TikTok, Instagram e Facebook sono ormai compagni quasi irrinunciabili, e moltissima parte delle nostre vite ne è mediata: immagini e video della sfera privata condivisi con gli amici, notizie di politica, attivismo, pubblicità esplicita o implicita, il tutto spesso nelle parole e nei gesti di innumerevoli influencer, ognuno con un proprio bacino di seguito, la propria nicchia specifica e fedele su cui – è dimostrato – attecchiscono messaggi.

Che la musica classica in questo contesto rischi di uscirne svalutata, per qualità audio ridotta (per la compressione digitale e l’ascolto in cuffia), perché sminuzzata in brevissimi clip (usata come mero sottofondo) è stato detto e ripetuto. C’è poi il problema dell’idealizzazione: basti pensare che su TikTok i brani più “in trend” sono la Nona di Beethoven, l’aria della Regina della Notte di Mozart e l’Halleluia di Händel, come se fossero esemplificativi della ricchezza e vastità del repertorio classico.

Tuttavia, se il mondo dei social è quello in cui si svolge la maggior parte della comunicazione odierna, se tutti vi cercano costantemente brevi spunti di intrattenimento (casuali quanto lo è l’algoritmo che li regola), non sarebbe poi un male se nel marasma si incappasse in contenuti che di musica classica trattino, e che invoglino ad ascoltarne di più.

Un clip di 15 secondi può catturare l’attenzione, e da quello basta un click per atterrare su una piattaforma streaming dove ascoltare il brano completo. E se è vero che tra l’ascoltare il brano online, al desiderare di esperirlo dal vivo e infine al comprare un biglietto ci sono vari passaggi, insormontabili senza un minimo di sforzo e iniziativa personale, è anche vero che ormai su internet si trova tutto… anche le indicazioni per un concerto accessibile sia per distanza, sia per prezzo.

È tempo dunque per una mediazione: se da una parte coloro che creano, studiano, suonano la musica classica tacciano i social e i loro utilizzatori di superficialità, mentre dall’altra il fruitore medio dei contenuti social ritiene la musica classica noiosa e incomprensibile, si rischia una spaccatura insanabile. Una posizione di mezzo sarebbe invece quella di prendere il buono degli uni e dell’altra, e ipotizzare un’unione d’intenti.

Perché i social possono essere anche una miniera fondata sull’empatia: chiunque fosse interessato a un soggetto, grazie a una ricerca per parole chiave (gli hashtag) può trovare contenuti a tal riguardo, e anche andare vicinissimo a chi li ha prodotti. Così, come un qualsiasi interessato a una crisi di guerra può trovare notizie di prima mano messe online da chi è sul campo, così un giovane curioso, diremo, di violino, potrà incappare in tanti contenuti relativi a quello strumento, e magari anche nel profilo personale di un violinista in carriera, e scoprire la sua quotidianità, e rendersi conto che anche i musicisti sono persone “normali”… e potrà decidere, chissà, di impugnare lo strumento.

Sta alle istituzioni poi la lungimiranza di cogliere i segnali del cambiamento e fare lo sforzo di adeguarsi a questi canali di comunicazione: se una volta per intercettare pubblico erano efficaci passaggi in radio e tv, pubblicità a muro o sui quotidiani, oggi lo è l’uso oculato dei social network. Ed è attraverso questi ultimi che si può instillare negli ascoltatori la coscienza che il momento di fruizione culturale è in realtà un momento di socialità: un concerto di musica classica non è solo stare seduti per due ore ad ascoltare un flusso di musica complessa e incomprensibile, ma anche un’opportunità di incontrarsi, scoprire qualcosa di nuovo, di emozionarsi e di parlarne. Ed è quello il momento in cui si esce dallo smartphone e si torna, come si dice, #IRL, in real life.

Se il pregiudizio della noia e dell’incomprensibilità grava sulla musica classica ormai da tempo, vero è anche che proprio i social testimoniano un interesse crescente da parte dei giovani, come ha dimostrato uno studio del 2022 dell’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo. In 24 mesi di osservazione, i contenuti di 15 Fondazioni Lirico Sinfoniche e Teatri di Tradizione italiani hanno raggiunto un pubblico di 78 milioni di account. Sono poi state individuate tre categorie di pubblico online: una fascia più giovane compresa tra i 18 e i 24 anni, formata principalmente da giovani musicisti e che utilizza soprattutto Instagram per condividere contenuti multimediali legati al mondo dell’opera; un’altra fascia formata da musicisti affermati (tra i 25 e i 44 anni) che condividono anche contenuti legati alla loro vita artistica (in questo caso la piattaforma che genera più interazioni è Facebook); infine ci sono molti appassionati, che utilizzano Twitter e che hanno più di 45 anni. Osservando i trend di pubblicazione e condivisione di contenuti a proposito di musica classica e opera, si è potuto osservare come sia proprio la fascia tra i 18 e i 34 anni che sui canali social fa rimbalzare il maggior numero di foto a concerti e in teatro, clip delle istituzioni, e apprezzamenti sull’esperienza vissuta.

Kaiming Liu, Visual Artist in residenza per la Stagione 2022/2023 de La Toscanini
Bolero

VALENTINA ANZANI

Tra i “Personaggi dell’anno” per il 2022 secondo Classic Voice, Valentina Anzani coniuga da anni la ricerca universitaria alla divulgazione dell’opera e della musica classica, con particolare attenzione alle possibilità offerte dai social network e dalle nuove tecnologie. È dottore di ricerca in musicologia, critico musicale, ricercatrice universitaria e creatrice dell’App OperaMeet, il primo social network dedicato al mondo dell’opera. Nel 2022 è uscito per LIM il suo primo libro  “Il castrato Antonio Bernacchi (1685-1756), virtuoso e maestro di canto bolognese” sull’opera del Settecento.