Invito al concerto di Michele Mariotti
Consigliato a chi ama le sorprese… …e con Rossini si va sul sicuro.
La sua storia è nota: egli al culmine del successo dopo Guglielmo Tell, chiude la sua attività operistica, forse per motivi di salute o forse per stanchezza creativa. Interrompe il suo silenzio artistico con lo Stabat Mater, pubblicato nel 1841 ed eseguito l’anno successivo, sotto la direzione di Donizetti, non riuscendo Rossini a sopportare l’emozione di apparire in pubblico. Tra le critiche illustri a questo pezzo, ricordiamo quella da parte di Wagner, secondo la quale stilemi tipicamente operistici, ‘deturperebbero’ il testo sacro. Non c’è che dire con lo Stabat Mater siamo a teatro, eppure l’opera è percorsa da un profondo senso religioso che si evince dei contrastanti sentimenti legati alla scrittura delle varie parti dell’opera. Esempi Il piglio eroico dell’aria tenorile “Cujus animam gementem”, dove l’idea della spada che penetra nel cuore della Madre è resa con l’acuto di un re bemolle sopra il rigo. Il senso di dramma che fuoriesce dal duetto femminile «Qui est homo, qui non fleret», il realismo del quartetto “Sancta Mater, istud agas”. Lo struggente “Fac ut portem Christi mortem”. Un pensiero a parte lo rivolgiamo a “Quando corpus morietur” per coro a cappella: un sublime pezzo polifonico. “Mai come in questa pagina che suona come vivo brandello palpitante strappato dai precordii del suo artefice, ci è forse dato di attingere all’enigma profondo della sua creatività» (Carli Ballola).
Deciso era Verdi, su Stabat Mater e Petite messe solennelle: “io credo nel valor musicale di quei due componimenti, e specialmente nei pezzi a voci sole nella cui distribuzione e collocazione Rossini è tanto grande da superare forse perfino gli Italiani antichi”. E ancora “il pezzo ha raggiunto una purezza trascendente qualsiasi modello e considerazione di gusto e di stile” ed è diventato“ una delle aperture più profonde dell’animo rossiniano, dopo la rinuncia operistica”. In conclusione “Amen. In sempiterna saecula”: si sente Guglielmo Tell, Semiramide il suo teatro dunque che fa capolino sbucano in un tessuto contrappuntistico dalla trama antica, quasi medioevale. (da Piero Mioli)