di Luca Ciammarughi

Il violinista ucraino, artista in residenza per la Stagione 2022/2023 de La Toscanini, sarà protagonista di due concerti sinfonici e di un programma cameristico

Fra i principali violinisti degli ultimi decenni, Valeriy Sokolov è stato vincitore a soli 19 anni del prestigioso Concorso “Enescu” di Bucarest, che gli ha spalancato le porte della carriera internazionale. Protagonista di un film di Bruno Monsaingeon, Natural born Fiddler, Sokolov si caratterizza non solo per l’inappuntabilità del suo violinismo e la bellezza del suono, ma anche per un’etica musicale che lo tiene lontano dalle trappole dello star system.

Anche se vive da molti anni in Germania, lei è ucraino, di Kharkov, città musicalmente importante in cui suonarono musicisti come Oistrakh e Horowitz e nella quale lei stesso ha organizzato un festival, Kharkov Music Nights. Dopo 10 mesi di conflitto, si parla ancora di forti attacchi russi contro questa città, a cui è molto legato emotivamente. Immaginiamo quanto sia dolorosa per lei questa situazione!

Ho lasciato la nativa Ucraina all’età di 14 anni e da allora ho completato la mia formazione a Londra, Amburgo, Francoforte e Vienna. Kharkov è ancora un luogo speciale per me, anche perché dal 2010 sono molto attivo nella vita musicale dell’Ucraina e, prima che scoppiasse la guerra, sono stato direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica INSO di Lviv, una delle migliori orchestre giovanili dell’Est Europa.
La cultura del periodo sovietico a Kharkov ha arricchito l’eredità musicale di questa città con molte grandi personalità che vi si sono esibite prima di calcare i palcoscenici di Mosca e San Pietroburgo, perché il pubblico di Kharkov era considerato esigente e colto.
I tempi moderni hanno cambiato radicalmente la scena culturale. Tuttavia, è sempre stata una città con un notevole patrimonio culturale e spero che dopo la guerra la città rifiorisca con ancor maggiore intensità in relazione con la cultura europea.

Nel concerto cameristico del 25 marzo con Maria-Diana Petrache suonerà anche la Terza Sonata di Enescu. Ci racconti brevemente cosa la affascina in questa musica, e perché secondo lei Enescu è purtroppo ancora troppo “di nicchia”.

È una questione di background, poiché io suono il violino nella tradizione di Enescu e Menuhin, che naturalmente trae le sue radici dalla tradizione balcanica: nel solco dei violinisti zigani, i lăutari. La versione educata di questa tradizione è ovviamente quella di un violinista classico, ma l’origine zigana permane e mi sono sempre sentito più vicino a questa piuttosto che al mood puramente accademico.

C’è un mondo intero tra la Seconda Sonata, vicina a Debussy e Fauré, e la Terza, che porta il sottotitolo “nel carattere popolare rumeno”.
La “nicchia” di Enescu è un riflesso della sua stessa vita – violinista, pedagogo, patriota, umanista proveniente da un ambiente molto semplice, dal villaggio di Liveni, nel nord della Romania. Ma oggi Enescu ha raggiunto un riconoscimento mondiale sotto molti aspetti. Nella natia Romania, dove ha anche finanziato la costruzione dell’Ateneul Romăn, la principale sala da concerto rumena, la sua musica è considerata immortale.
È quindi un piacere suonare la musica autoctona rumena con la meravigliosa pianista Maria-Diana Petrache.

Come docente di violino, nelle masterclass, che idea si è fatto della nuova generazione di violinisti, di musicisti? È ancora possibile talvolta ritrovare quell’attenzione all’identità del suono che conosciamo dai grandi del passato?

La questione del suono è interessante. Ho studiato con due docenti che rappresentano due universi paralleli sotto questo aspetto: Boris Kuschnir e Gidon Kremer. Kuschnir è un grande fan del suono in sé, mentre Kremer ha sottolineato l’importanza dello sviluppo intellettuale complessivo e non solo di “colorare” tutto con un bel suono caldo.

Kremer ritiene che il processo naturale di creazione del suono talvolta impedisca di approfondire la ricerca sulla musicalità. Sono d’accordo con lui, ma mi piace anche il bel suono, nel passato come oggi.

Riguardo ai giovani, direi che nel mondo attuale contano la personalità completa e la musicalità a tutto tondo.