di Giulia Bassi

 

«Ritorno a dirigere la Filarmonica Arturo Toscanini nella sua stagione concertistica, dopo aver lavorato insieme in questi anni a tante produzioni al Festival Verdi. E molto bene… mi ha riempito di soddisfazione!»  Questo Roberto Abbado tiene a sottolineare nel corso dell’intervista in occasione dei concerti che la Filarmonica che sta effettuando in questi giorni a Cremona, Teatro Ponchielli, Reggio Emilia, Teatro Valli, e Parma Auditorium Paganini.  In programma Une barque sur l’océan di Ravel, il Concerto per violino di Barber, solista Valeriy Sokolov e Quadri da un’esposizione di Musorgkji: un programma colorato, a forti tinte, in cui la musica s’incontra con l’arte pittorica per creare infinite suggestioni e, proprio su queste, verte l’interessantissima chiacchierata con il direttore milanese. «Il primo pezzo Une barque sur l’océan fa parte della suite pianistica Miroirs ed è stato Ravel stesso, ad orchestrarla un anno dopo. Sembra proprio l’abbozzo di una pittura che con pochi segni dà un’idea di cosa si tratta: si parla mare, abissi, tempeste, ma anche momenti di quiete. Tuttavia, questa metafora sul mare sembra alludere a qualcos’altro perché è inevitabile scendere in profondità misteriose dell’essere umano… In questo pezzo a mio avviso, perfetto, c’è tutta la componente evocativa dei significati racchiusi dall’acqua…  Essendo basato sulle scale pentatonali ed esatonali… fa venire in mente Debussy ma per la scrittura armonica è inconfondibilmente Ravel». Ravel e il pianoforte costituisce il filo conduttore rispetto all’altro pezzo in programma: Quadri di un’esposizione di Musorgskij che sono ispirati a una mostra del pittore Victor Hartmann da cui nel 1874è stata ricavata una suite di dieci pezzi corrispondenti a dieci quadri; nel 1922 Ravel orchestrò l’opera che si può definire uno dei capolavori più originali dell’intera letteratura musicale. «Ma è anche uno dei pezzi più popolari del repertorio – puntualizza Abbado –. In questa suite l’autore immagina qualcuno che passa da un’opera d’arte all’altra e per questo s’inventa un tema che collega: la Promenade. Tuttavia, al di là dei quadri dipinti che corrispondono al titolo di ogni pezzo, il compositore ci trasmette la sua visione della vita, regalandoci una riflessione sulla vita e la morte e la vita dopo la morte… Infatti, dal quadro Catacombae la considero come un’opera religiosa che include anche un passaggio negli inferi: a questo allude La capanna di Baba Yaga, mentre la conclusiva Porta di Kiev – basata sul tema della Promenade suonato in modo marziale – allude alla porta al paradiso!  Tornando indietro in questo percorso esistenziale, ci vengono presentati gli aspetti più crudi e crudeli… come nel primo Gnomus possiamo scorgere esseri mostruosi allusivi a dei difetti che sono brutture, deformazioni chiaramente non fisiche ma psicologiche … Non vedo per niente i Quadri come un pezzo bombastico di puro virtuosismo orchestrale… c’è veramente molto altro… Succede come nella Pastorale di Beethoven a proposito della quale l’autore scrive “più una espressione di sentimento che non descrizione…”  A ciò alludono i forti contrasti dinamici presenti nella composizione, acuiti dal fatto che usa un linguaggio fortemente russo quindi di rottura rispetto a quello in voga nell’Europa occidentale… e questo si sente di più nell’originale suite pianistica… Per carità, senza togliere al bellissimo capolavoro realizzato da Ravel… mi chiedo come sarebbe stato se l’avesse riorchestrato Šostakóvič. Nomino questo compositore perché ha riorchestrato l’opera (sempre di Musorgskij)  Chovanščina…  Tornando ai Quadri: se Ravel ha creato qualcosa di molto forte, Šostakóvič, penso, avrebbe fatto qualcosa di molto più russo».

 

Da La Gazzetta di Reggio del 21 aprile 2023